Auto ad aria compressa, senza segreti

Sarebbe tutto pronto per il lancio, almeno secondo i responsabili del progetto. Nella seconda metà del prossimo anno, la Motor Development International (MDI) metterà in vendita l’attesa AirPod, l’auto alimentata ad aria compressa. Il sogno di molti nell’era del picco del petrolio, tranne che dei petrolieri. L’articolo originale di Repubblica ha generato moltissimi commenti online, cui MDI ha sentito di dover rispondere integralmente, con tanto di documento allegato che trovate sempre su Repubblica (online).

Alcuni lettori di questo blog mi hanno chiesto una valutazione spassionata del progetto, considerato che il tema di adatta perfettamente alle linee guida di questo blog: Energia & Motori. Vediamo.

La faccio corta e comincio dalla fine: l’auto ad aria compressa esiste e funziona, il problema è che le sue prestazioni sono fuori mercato per la maggior parte degli usi pratici. Mi spiego. Al netto di tutte le parole sulla tecnologia del motore ad aria compressa e delle migliorie in materia ottenute, il documento di MDI glissa sulla densità di energia stoccabile a bordo, sotto forma di aria compressa, che è il reale punto del contendere di tutti i veicoli a carburanti alternativi a benzina/diesel. Dati del costruttore, lo studio indica infatti che l’energia stoccabile come aria compressa a bordo dei veicolo raggiunge i 64 Wh/Kg. Mi si permetta qualche dubbio su questo numero: secondo chi scrive il valore si dovrebbe attestare sui 50 Wh/kg, ma questa differenza non è importante.

Non è importante perchè, numeri alla mano, le moderne batterie agli ioni di litio attualmente in commercio raggiungono una densità di energia di 150-180 Wh/kg, tre volte superiore all’aria compressa. Inoltre l’efficienza del motore elettrico raggiunge il 90%, leggermente superiore a quello ad aria compressa. In altri termini, a parità di prestazioni del motore, di peso dell’auto e di energia stoccata a bordo, l’auto ad aria compressa percorre molti meno chilometri di una auto elettrica come Nissan Leaf o Mitsubishi MiEV. Insomma, se l’auto elettrica soffre del problema della range anxiety, a parità di peso e energia, l’auto ad aria ne soffrirebbe al cubo.

Non stupisce dunque che, al netto della limitazione della potenza del motore, l’approccio di MDI per prolungare l’autonomia della AirPod si sia concentrata sull’abbattimento del peso del veicolo. Lo stesso approccio è già praticato, con le dovute proporzioni, da BMW per la sua serie-i elettrica, dove si fa largo uso di alluminio e fibra di carbonio per le parti strutturali dell’abitacolo, onde diminuire il peso del veicolo e i consumi. Ne avevano parlato tempo fa su questo blog, nel celebre post sulle limitazioni dei veicoli elettrici. Rispetto agli 850kg di un’auto elettrica come la Mitsubishi MiEV, grazie all’uso di materiali acconcii, la AirPod riesce a pesare solamente 250kg, secondo MDI senza problemi di sicurezza e al costo di soli 7.000euro chiavi in mano (bum!).

Nella AirPod, carrozzeria e telaio sono costruiti con materiali compositi. La AirPod è composta da una base di 45 kg più tre pezzi di carrozzeria incollati fra di loro. Il materiale composito utilizzato nella AirPod per ridurre il peso senza perdere in prestazioni e tenendo il prezzo al di sotto della stratosfera è un sandwich di fibra di vetro – in luogo della più costosa fibra di carbonio usata nella auto di Formula 1 – e di schiuma in poliuretano, costruito con la tecnica del Resin Transfer Molding (RTM). Ora, se da una parte la RTM è una tecnica già in uso da 20 anni, il problema di questo approccio è che le prestazioni strutturali della fibra di vetro rispetto alla più blasonata fibra di carbonio sono proporzionale alla differenza di prezzo. In pratica: economiche, assai.

La questione sicurezza di un’auto costruita con compositi in fibra di vetro/schiume è ben sintetizzata in questo scambio di vedute tra un lettore e MDI.

Mi fido [..] della mia GOLF perchè ha superato il crash test, ha strutture a deformazione programmata in caso di urto, ha barre di sicurezza; il tutto pesa 1400 kg. Non mi fiderei di una vetturetta di cartapesta che pesa 250 kg.
Ha bisogno di strutture a deformazione programmata, di barre di sicurezza, appunto perché essendo pesante (1400 kg) ha più energia da dissipare di una macchina più leggera.

Ora, a parere di chi scrive la risposta di MDI è fuorviante, perchè gli incidenti (e i crash test) si fanno tanto contro un’altra Golf quanto contro ostacoli fissi. Quando i governi di tutto il mondo bandiranno dalle strade qualsiasi auto che pesi più di 250 kg sarà possibile optare per una AirOne o una AirPod in tutta sicurezza. Intanto, avendo in mente le conseguenze di uno scontro, non si può biasimare chi preferisce vivere. Oltretutto, l’AirPod pesa solamente 250kg perchè è più simile ad una cabina telefonica che non ad un auto vera e propria. Basta guardare la galleria fotografica su Repubblica per rendersene conto. Se si considerano le prestazioni di un’auto ad aria compressa di dimensione paragonabile alle auto elettriche, la AirFamily, i consumi non sono molto diversi da una auto elettrica come la Smart EV, come riportato nel documento di MDI (sotto).

Qui sotto qualche esmpi di valori di energia necessaria in ciclo urbano per vari automezzi:
• MDI AirPod : 0.62 kWh ‐ MDI AirOne: 0.87 kWh ‐ MDI AirFamily: 1.41 kWh
• Mini E: 1.97 kWh ‐ Mitsubishi iMiev: 1.67 kWh ‐ Smart EV: 1.4 kWh

Inoltre e concludo, se davvero MDI è capace di abbattere il peso delle auto tanto da rendere energeticamente competitiva la propulsione ad l’aria compressa – anche con solo un terzo dell’energia stoccabile rispetto all’elettrica – grazie a geometrie strutturali avanzate e fibra di vetro, perchè non impiegare la stessa soluzione direttamente sulle auto elettriche o, meglio ancora, su quelle a benzina? Faremmo 100 km al litro e al caro-petrolio non ci penseremmo più.

La verità è che, come detto sopra, le limitazioni tecniche rendono la tecnologia dell’aria compressa per l’autotrasporto utilizzatibile al più per tri/quadricicli a motore ultraleggeri, per chi può, vuole o deve spostarsi in città o ambienti urbani guidando una cabina telefonica. Un esempio in tal senso sono i famosi tuc-tuc indiani, per cui questa applicazione probabilmente funzionerebbe bene. Se mai l’esaurimento del petrolio ci costringerà tutti sui tuc-tuc, secondo il sottoscritto resterà comunque preferibile alimentarli con batterie e motore elettrico, che almeno garantiscono qualche cavallo aggiuntivo nel motore aggiuntivo, qualche chilometro di automonia in più o integrità strutturale per evitare di passare a miglior vita.

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Disclaimer: l’articolo è scritto sulla base dei dati pubblicamente disponibili. L’opinione dell’autore espressa è puramente personale e non costituisce né implica alcuna approvazione o favoreggiamento dalle aziende menzionate o del settore.

22 Responses to Auto ad aria compressa, senza segreti

  1. gabriele says:

    Non ho mai visto un’auto più brutta di questa.

  2. myalma says:

    ne abbiamo parlato in privato, ma secondo te come si giustifica il fatto che un professionista come Guy Negre, non esattamente l’ultimo arrivato, e una compagnia come TATA, che non e’ il tabaccaio sotto casa, continuino a investire in questa cosa, promettendo che il progetto ha un futuro e che in xxx giorni/mesi/anni questo oggetto verra’ costruito? Hanno fatto un errore e non sono ormai in grado ormai di ammetterlo? Oppure vogliono tenere in piedi questa truffa per poi vendere al miglior offerente (pollo)? O magari si accontenteranno di fare qualche auto per i campi da golf o piccoli mezzi per i cantieri o i magazzini chiusi?

    • Le strategie aziendali sono una cosa complessa e TATA e’ un azienda grande. Quel che tu chiami “errore” puo’ produrre piu’ valore aggiunto di quanto credi: immagine di innovativita’ e pionerismo per la compagnia, ad esempio. Che poi le cose alla fine certe soluzioni possano anche non funzionare – vedi anche alla voce Google Buzz, Wave, +1, eccetera – e’ secondario nella visione d’insieme.

      Piu’ a monte, la AirPod fa parte della strategia di mercato di TATA delle soluzioni di “lusso” ma basso costo per la classe media indiana (un mercato grosso assai) che ha aumentato il reddito pro-capite negli ultimi anni. La Tata Nano fa parte della stessa strategia. Fino ad ora pero’ i fatti hanno dimostrato che la sopracitata classe media indiana preferisce risparmiare e comperare un’auto come si deve (Peugeot, FIAT) anziche’ comperare versioni “di lusso” dei tuc-tuc quali Nano o AirPod. A TATA insistono con la loro strategia. Se lo possono permettere e, come detto sopra, nella visione d’insieme puo’ anche portare qualche vantaggio oltre al fatturato diretto delle vendite. Vedremo.

      • myalma says:

        la tua e’ una considerazione legittima. E’ possibile che TATA si sia messa a rischiare, nella speranza che qualcosa venga fuori. Magari un ritorno tecnologico che puo’ poi essere usato altrove (macchine da cantiere, fork-lift, etc.). Chissa’ quanti investimenti vengono fatti in questi termini.

        L’unica cosa su cui secondo me sbagli, perche’ contraddetta dai fatti, e’ che questo prodotto sia rivolto ad un mercato come quello indiano. E’ intento della compagnia costruire una serie di fabbriche d’auto in franchising anche sul territorio italiano ed europeo secondo un modello che a me sembra piu’ che altro “a noi i profitti, a voi i rischi”, ma magari sono solo bias… E’ chiaro che l’indiano proprietario del tuc-tuc e’ l’ultimo al quale possano utilizzare tecnologie “verdi”. E’ chi ha raggiunto un elevato status sociale e ha una ricca biblioteca a cara, che e’ interessato alla Prius. Per non parlare della Roadster, che infatti e’ un successo anche se e’ poco piu’ di un giocattolo considerata l’assenza di una rete di ricarica rapida al di fuori di qualche citta’. Oggi, quando non c’e’ ancora l’obbligo di farlo, “basso impatto ambientale” e’ un target per i ricchi, magari per le classi medie, ma non per le classi povere che vedono soluzioni tipo citycar come un pugno in un occhio.

        ciao

      • Basso impatto ambientale = alti costi e’ un assunto che per la AirPod non vale. L’equazione di TATA e’ classe media con reddito in ascesa ma ancora basso = soluzioni migliori ma a basso costo. l’AirPod costa poco, molto meno di una elettrica, e su questo che TATA fa leva.

      • Defcon70 says:

        Modello distribuito = “a noi i profitti, a voi i rischi”
        Ecco, questo mi torna…

  3. greenfool says:

    per giudicare, forse sarà necessario cambiare completamente framing, lasciatemi dire.
    se pensate di poter avere a bassi costi ambientali le medesime prestazioni (in tutti i sensi, anche estetiche) di una auto tradizionale, allora andiamo per campi come la vispa teresa.
    l’innovazione, anche nel mercato non funziona così.
    quel che ripetono alla MDI è che l’airpod è un compromesso creativo, diciamo così.
    non è un’auto e non è una moto coperta.
    non esistono tecnologie ad impatto zero, ma vogliamo paragonare i costi ambientali della tecnologia elettrica con quella ad aria compressa?
    la produzione ed il riciclo delle batterie?
    e, dettaglio su cui si glissa, la produzione decentralizzata?
    non so se l’aria compressa sia la soluzione, ma se non cominciamo a sforzarci di ragionare in modo diverso, non si va da nessuna parte.
    sembrate gli stessi che un secolo e mezzo fa, inorridivano e irridevano le prime automobili, con argomenti, peraltro, molto sensati

    • non esistono tecnologie ad impatto zero, ma vogliamo paragonare i costi ambientali della tecnologia elettrica con quella ad aria compressa?
      Certo, ma esistono anche i benefici oltre ai costi. Insomma, non e’ che abbiamo sviluppato la mobilita’ attorno al petrolio per far felici i petrolieri. Lo abbiamo fatto perche’ dava la migliore risposta al problema della mobilita’, consentendoci di sviluppare soluzioni per il miglioramento del benessere che la mobilita’ elettrica o l’aria compressa non permettevano (rifornire i supermercati di merci, ospedali e servizi medici disponibili all’occorrenza, eccetera).

      Insomma, se vogliamo parlare solo di impatto ambientale la soluzione migliore e’ non fare nulla (l’oblio o il suicidio di massa, a scelta).

      • Daniele Del Gaudio says:

        Mi permetta di dissentire:
        “non e’ che abbiamo sviluppato la mobilita’ attorno al petrolio per far felici i petrolieri. Lo abbiamo fatto perche’ dava la migliore risposta al problema della mobilita’” questa affermazione è come dire “conviene comprare una stampante a 20 euro, poco importa se poi sono legato tutta la vita alla casa produttrice che mi vende le cartucce a costi proibitori”.
        La logica del ti tengo avvinghiato a me per tutta la vita è alla base del sistema di mobilità odierno.
        L’automobile è una grandissima porcata, un “mezzo di trasporto” reso prima una moda e poi una “necessità” smantellando passo per passo la mobilità pubblica e, punto che più mi duole, la mobilità “a piedi” o in bicicletta. Certamente esistono distanze proibitive da coprire per un essere umano, ma parliamoci chiaramente: dell’automobile si abusa e distanze che dovrebbero essere coperte a piedi, con autobus o con biciclette vengono invece percorse con auto private. Ingrossando in maniera oltremodo immorale i portafogli di pochi privilegiati e le chiappe di chi governa i mezzi. Ciliegina sulla torta: l’ambiente. Non mi dilungo oltre, è la mentalità che deve cambiare.

  4. Defcon70 says:

    Greenfool,

    il tuo sembra un ostinato “Think Different!” che magari ha funzionato benissimo a Cupertino ma non è assolutamente detto che funzioni per la mobilità privata. I fallimenti delle start-up nel settore green degli stessi investitori della Silicon Valley (miliardi e miliardi di $ in fumo), avrebbero già dovuto insegnarci qualcosa. Hai mai pensato che l’attuale tipologia di veicoli diffusi nei vari Paesi sia già un buon compromesso tra esigenze di mobilità vere e consumi energetici? In Italia si vendono sostanzialmente Punto e Panda e poi qualche Cayenne.

    Secondo me, la discussione andrebbe ricondotta a questo: a parità di tutto il resto, stoccaggio+powertrain di un piccolo veicolo ad AC è circa 150kg più leggero di quello di un BEV attuale e solo qualche decina di kg di uno con endotermico a carburanti fossili. Ne vale la pena? Secondo me no, perché quella della densità ponderale di energia è uno dei parametri su cui l’industria degli accumulatori al Li ha fatto sempre passi avanti, piccoli ma costanti. Più in generale e se le vendite tireranno, gli accumulatori che avremo a disposizione fra 5 anni (e che adesso sono già in fase di pre-industrializzazione) avranno risolto molti dei problemi che adesso le affliggono, mentre non si capisce come possano essere affrontate da un punto di vista tecnologico le limitazioni dell’accumulo di AC.

    Ci puoi descrivere e stimare quelli che sono a tuo avviso i costi ambientali della produzione e riciclo di accumulatori al Li?
    Produzione decentralizzata: e secondo te la Tata dopo averci investito regala i ricavi ad altri?

  5. Leguleio says:

    Vorrei anche sottolineare come la frase “l’auto ad aria compressa esiste e funziona” è un po’ affrettata. Un test di Quattroruote ha mostrato che il raffreddamento dell’aria provoca la formazione di ghiaccio nei condotti, e quindi, prima o poi, il motore “grippa” e bisogna aspettare che si sbrini.

    http://tinyurl.com/buf7yna

    Se ne parla qnche qui:

    http://tinyurl.com/d2nruw2

    La soluzione sarebbe avere nelle bombole solo aria del tutto deumidificata, ma è un processo costosissimo, non vale la candela. O, in alternativa, riscaldare i condotti con un impianto elettrico. E a quel punto, l’interesse per una vettura ecologica, che non deve disperdere batterie dopo un certo numero di chilometri, viene meno.

    • Defcon70 says:

      Legulelo,

      questo tradizionale problema della formazione di ghiaccio l’hanno risolto. Copio-incollo dal documento MDI:

      ” Per eliminare la formazione di ghiaccio al livello dell’entrata dal motore (che poteva in certi casi impedire il suo funzionamento), abbiamo lavorato sudi un ciclo termodinamico nel quale la fase di alimentazione del motore si fa a pressione costante (e quindi a temperatura costante). Questa fase di creazione del volume da espandere viene fatta in una “camera attiva” creando un lavoro sull’albero motore ed aumentando il rendimento. Il raffreddamento dell’aria dovuto all’espansione avienne nel motore (una volta la valvola di iniezione chiusa), e se del giacchio si forma, è mandato fuori durante la fase di scarico. Questo ciclo termodinamico (brevettato da MDI) e la sua applicazione nei motori MDI ha risolto definitivamente i “problemi di ghiaccio”.”

      P.S.: ma siete ossessionati dal problema del ciclo di produzione-smaltimento-riciclo delle batterie al litio! Vi invito a riflettere/informarvi:
      1) Il litio è un elemento costoso, può essere riciclato in modo economicamente vantaggioso, quindi viene riciclato.
      2) La produzione dell’elemento dai laghi prosciugati in Cile e Bolivia (sostanzialmente) è tra le più sostenibili
      3) Anche se esistono certamente persone o aziende poco “civili” che fanno finire degli accumulatori in discarica o dispersi in ambiente, questo è impossibile o quasi per l’accumulatore di un veicolo la cui sostituzione è fuori dal controllo dell’utilizzatore. Il litio, poi, non è un metallo pesante come il piombo, il mercurio o il cadmio: il suo carico ambientale sarebbe comunque modesto.
      4) Il ciclo di vita di un accumulatore al litio per autotrazione in tecnologia attuale può essere in realtà quasi raddoppiato (fino a 15-20 anni) grazie al fatto che può essere riutilizzato in modo vantaggioso in applicazioni per uso stazionario (storage di rete, ad esempio) dove il problema della densità ponderale e volumetrica è molto meno sentito.

  6. Leguleio says:

    Sì, avevo letto quella risposta nelle FAQ di Repubblica. Mi permetto di esprimere i miei dubbi su un sistema brevettato che “manda fuori” il ghiaccio che inevitabilmente si forma a contatto con tutte le parti fredde (sostanzialmente è brina, o gelata, se preferisci). Aspetto una prova su strada indipendente, che almeno “Quattroruote” è riuscito ad effettuare, alcuni anni fa. Sulla carta, tutto funziona. :-)

    No, l’esempio della dispersione delle batterie era riferito al maggiore rispetto dell’ambiente di un’auto ad aria compressa, che alcuni sostengono. Secondo i dati del costruttore, motore ad aria compressa e relative bombole hanno una vita lunghissima, molto maggiore delle batterie. Tutto qui.
    Ripeto: è chiaro che montare una batteria su un’auto del genere equivale a dire che quest’auto è inutile. A questo punto la fai tutta elettrica, e fine.. :-)

  7. Pingback: Auto ad aria compressa, senza segreti | Filippo Zuliani

  8. tommi says:

    Ciao filippo, ottimo post..

    Già anni fa (10? forse piu) si parlava della macchina ad aria compressa (progetto eolo), vedremo se questa volta le cose andranno avanti.

    Personalmente non riesco a farmi un’idea precisa di questa tecnologia, di certo l’idea di girare con una bombola d’aria a 300 bar non mi esalterebbe.
    Però rispetto alle elettriche questa tecnologia potrebbe avere dei vantaggi:
    come giustamente fai notare la densità di energia accumulabile è piu bassa, però è anche vero che riempire un serbatoio di aria compressa è un’operazione MOLTO piu rapida che non ricaricare una batteria.

    comunque vorrei dire che sono abbastanza d’accordo con la dichiarazione di greenfool: per iniziare ad avere cambiamenti bisogna anche per certi versi rinunciare a qualcosa: se io pretendo di continuare a fare da 0 a 100 km/h in 5 sec, beh, sarà dura rinunciare ad un benzina turbosovralimentato.

    Tommi (quello del V Postulato)

    • Ciao, Tommi. I tuoi pensieri sono i miei, tranne sull’ultimo punto: bisogna rinunciare a qualcosa, dici. Ecco, ho i miei fieri dubbi che questo possa avvenire spontaneamente. In altri termini, finche’ non vi saremo costretti dubito che soluzione come la AirPod possano far registrare vendite massicce (le vendite dei veicoli elettrici sono stimate al 4-5% del totale nel 2020, fai te).

      • pagheca says:

        be’, pero’ ci sono controesempi che dicono che non e’ del tutto cosi’. Nessuno ti costringe realmente a separare i rifiuti nei vari contenitori, eppure attraverso un’opera di convinzione molti lo fanno sempre di piu’. D’altra parte e’ vero che se c’e’ un intervento dall’alto, tramite incentivi (non sono un appassionato delle punizioni) le cose vanno avanti piu’ rapidamente. Io ho l’impressione che ancora non ci siamo… ammesso che quest’auto venga commercializzata, per giustificare una rete di compressori ci vogliono grandi numeri.

        Un’applicazione che vedo per questo veicolo e’ quello del car sharing: veicoli a disposizione del pubblico usati per brevi transferimenti. Se questo veicolo verra’ realmente commercializzato al costo che dicono – ho i miei dubbi ma chi vivra’ vedra’ – immagino per esempio che nei centri storici delle citta’ italiane potrebbero risultare utili.

      • Hai ovviamente ragione, Paolo. Quel che fa la differenza e’ la portata del cambiamento: separare la spazzatura non e’ certo paragonabile a rinunciare all’auto e ai suoi vantaggi odierni (la AirPod e’ una quadriciclo a motore, con tutte le differenze che questo comporta). Certo, si puo’ fare, ma a meno di rivoluzioni o peggio non e’ un cambiamento che puo’ avvenire nel corto periodo.

  9. tommi says:

    già, sono d’accordo!
    fin tanto che non ci sarà un intervento dall’alto le cose difficilmente cambieranno da sole..
    questo non solo a livello di mobilità.
    Ad esempio, parlando di diritti umani e diritti sul lavoro il mondo occidentale e in generale ognuno di noi ha le idee ben precise, però poi noi nel nostro piccolo non rinunciamo ad un acquisto “made in china” pur di risparmiare 10 €.

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