Cosa succede con la TAV

Confesso che non avevo le idee chiare sulla TAV, la Val di Susa e di come siamo arrivati al punto di dispiegare l’esercito per proteggere il cantiere della TAV. Sapevo più o meno quel che racconta Beppe Grillo, con tutti i dubbi sull’affidabilità del personaggio. Questo fino a poco fa. Oggi sul Post trovate uno spiegone chiaro, semplice ed esaustivo di tutta la faccenda: dai No-TAV alle istituzioni, per finire col recente “progetto leggero” che potrebbe far pace con tutti e col cervello. Altamente consigliato.

Cosa dicono i No-TAV
Chi aderisce al movimento ritiene che la linea ad alta velocità sia inutile, perché non giustificata da livelli sufficienti di traffico per merci e passeggeri, ed estremamente costosa da realizzare, con una spesa che in buona parte ricadrebbe sulla società. La costruzione dei tunnel non piace perché secondo loro gli scavi porteranno a emissioni di polveri di amianto, al passaggio lungo vene di uranio e alla deviazione o distruzione di molte sorgenti d’acqua naturali sotterranee.

Cosa dicono le istituzioni
Secondo il governo italiano, quello francese e l’Unione Europea, la tratta ad alta velocità tra Torino e Lione è un tassello fondamentale per lo sviluppo della rete ferroviaria europea. Le loro stime parlano di chiari e tangibili benefici per l’ambiente a opera conclusa che consentirà di ridurre il traffico in Val di Susa di almeno 600mila passaggi di camion in una prima fase, riducendo di 2,5 milioni di tonnellate le emissioni di inquinanti nocivi.

[da Il Post]

Energie rinnovabili e metalli strategici

il mio articolo per iMille-Magazine

William Stanley Jevons era un economista inglese. Nel diciannovesimo secolo, Jevons sostenne che “più efficiente è l’uso che si fa di un materiale che scarseggia, maggiore sarà la sua domanda finale”. Oggi, questa affermazione è nota come il “paradosso di Jevons”, le cui implicazioni sono quantomai importanti in un mondo che guarda con sempre maggior speranza alle fonti rinnovabili per la produzione di energia.

Ma andiamo con ordine. Cosa sono i metalli strategici? E cos’hanno a vedere con le energie rinnovabili? I metalli strategici sono materiali secondari nella finitura di un determinato prodotto di cui però garantiscono la funzionalità finale. Ad esempio, i tubi in acciaio non sono fatti di molibdeno, ma il molibdeno, pur costituendo solo lo 0,5 per cento della lega, conferisce all’acciaio forza e resistenza alla corrosione. Il che rende il molibdeno un metallo strategico per l’industria dei gasdotti.

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Come se la passa l’industria nucleare

Lo sapete tutti: Angela Merkel ha annunciato che la Germania abbandonerà l’energia nucleare entro il 2022. Un po’ di storia e qualche conseguenza per l’industria nucleare.

Il rapporto della Germania con l’energia nucleare è stato conflittuale fin da principio. La prima centrale nucleare fu costruita in Germania Ovest nel 1960. Da allora, l’uso dell’energia dell’atomo è cresciuta, al punto che i 17 reattori nucleari tedeschi oggi garantiscono oltre il 20% dell’energia prodotta nel paese. La crescita del settore nucleare non è ovviamente stata priva di opposizione. Nel 1975, un incendio allo stabilimento di Lubmin, sulla costa baltica, quasi provocò una fusione del nocciolo. Sull’onda dell’accaduto, pochi anni dopo venne formato il Partito dei Verdi che divenne rapidamente una forza politica nazionale dallo slogan “Atomkraft? Nein, Danke” (energia nucleare? No, grazie).

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La foto del giorno

Il nuovo impianto a torre solare Gemasolar, in Spagna. Venti MegaWatt di potenza, produce anche di notte. Tutto si può dire, ma non che non sia spettacolare da vedere. Ora resta solo da capire il costo dell’energia prodotta.

Reality check

Per compensare la chiusura delle centrali nucleari nel 2022, la Germania avrà bisogno di raddoppiare la sua produzione energetica da combustibili fossili. Così spiega Angela Merkel.

Balle, referendum e politica

Qualche giorno fa è apparsa su Il Post una guida ai referendum del 12 e 13 giugno, scritta dal sempre ottimo Francesco Costa. La consiglio vivamente e spero che consentirà a tutti di farsi un’idea più completa a riguardo.

Di seguito riporto un commento dello stesso Costa. Vale la pena leggerlo, io non saprei dirlo meglio.

Esprimere un voto consapevole su almeno tre dei quattro quesiti referendari, quelli sull’acqua e sul nucleare, richiede conoscenze precise e approfondite. Non sono cose che ci si può far spiegare dai comici. Non ci si può far convincere dai bannerini su Facebook, né dagli slogan e dalla propaganda. Per votare bene bisogna avere quelle conoscenze o bisogna avere voglia di farsele, con umiltà e disponibilità a cambiare idea. Davanti all’oggettiva complessità delle questioni e alle balle che circolano – sappiate, per dire le più grosse, che non si vota né sulla privatizzazione dell’acqua né sull’introduzione dell’energia nucleare – la cosa che mi ha più sconfortato è stato vedere come in questa occasione la sinistra ha surclassato la destra in quanto a bugie, slogan ingannevoli e propaganda senza scrupoli. Surclassato, proprio senza paragone. La stessa cosa è accaduta col nucleare, dove con l’incidente di Fukushima – e anche dopo – abbiamo assistito al triste attecchimento a sinistra della propaganda sulla paura. E a me non piace quando la sinistra per battere Berlusconi usa gli strumenti di Berlusconi.

[dal blog di Francesco Costa, uno che pensa]

Germania: mai più nucleare?

il mio articolo per Il Post (dopo un periodo di relativo silenzio per superlavoro)

Se non venite da Marte, probabilmente sapete che la Germania ha deciso di abbandonare l’energia nucleare. Lo avevamo scritto anche sul Post: dopo l’incidente a Fukushima, per la crescente pressione dell’opinione pubblica, Angela Merkel ha ordinato la chiusura dei reattori nucleari tedeschi, da qui al 2022.

Quanta energia producono i reattori nucleari tedeschi? Numeri alla mano, oggi siamo al 22% della produzione elettrica nazionale. Le rinnovabili, dopo venti anni di incentivi, ammontano a circa il 16%. Il resto è produzione termoelettrica convenzionale (gas e carbone). E’ allora evidente che la quantità di energia prodotta col nucleare in Germania non è poca cosa. E’ possibile rimpiazzarla con le rinnovabili?

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Guida al referendum sul nucleare

Volete voi che siano abrogati i commi 1 e 8 dell’articolo 5 del decreto-legge 31/03/2011 n.34 convertito con modificazioni dalla legge 26/05/2011 n.75?

Se il comma 1 parla dell’energia nucleare, il comma 8 in realtà è ben più vago e generale. Dispone, infatti, che il Governo vari una nuova Strategia energetica nazionale, che “individua le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree geografiche di approvvigionamento, il miglioramento della competitività del sistema energetico nazionale e lo sviluppo delle infrastrutture nella prospettiva del mercato interno europeo, l’incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore energetico e la partecipazione ad accordi internazionali di cooperazione tecnologica, la sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell’energia, anche ai fini della riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, la valorizzazione e lo sviluppo di filiere industriali nazionali”.

In sostanza, questo non è più un referendum sul nucleare bensì sulla Strategia energetica nazionale del Governo: sulla sua stessa esistenza, non sui suoi contenuti.

Chi vince chi perde
In caso di vittoria del Sì, stando alla lettera del quesito, il Governo non sarebbe autorizzato ad adottare la Strategia energetica nazionale, cioè il piano generale con cui si decidono gli investimenti, le priorità, i settori su cui investire, comprese le energie rinnovabili. Per effetto dell’abrogazione effettuata dal governo, tra l’altro, anche una vittoria del Sì non avrebbe effetti concreti sul fronte dell’energia nucleare ma soltanto effetti simbolici: in ogni caso questo o un altro Governo un giorno o l’altro potrebbero legittimamente introdurre il ricorso all’energia nucleare. In caso di vittoria del No, il governo potrebbe adottare la Strategia energetica nazionale. Sul fronte del nucleare non cambierebbe nulla in ogni caso.

Le posizioni
I sostenitori del Sì credono che il passaggio del referendum, al di là del merito del quesito, rappresenterebbe comunque un segnale simbolico forte e inequivocabile, che renderebbe complicato – se non impossibile, nel breve termine – un eventuale nuovo ritorno al nucleare da parte di questo o di un altro governo.
Il fronte dei sostenitori del No è stato praticamente svuotato dalla moratoria al nucleare imposta dal governo: anche i partiti originariamente favorevoli al nucleare oggi hanno deciso di lasciare libertà di coscienza ai propri elettori.

[da “Guida ai referendum abrogativi” su Il Post]