L’acciaio italiano in crisi

L’Italia è il secondo paese in Europa per quantità di acciaio prodotto, secondo solo alla Germania. I nomi degli stabilimenti più importanti li conoscete tutti dalla prime pagine dei giornali: Ilva, Piombino, Terni. Tutte realtà industriali molto grosse, tra le poche rimaste in Italia, e tutte in crisi.

Il bollettino della siderurgia italiana registra perdite pesanti: Terni ha messo in mobilità oltre 500 dipendenti, Ilva è in procinto di essere venduta agli indiani di Arcelor Mittal, leader mondiali nella produzione di acciaio cresciuti a colpi di acquisizioni mirate a costi bassissimi spesso risanate tramite vigorosi tagli al personale lavorativo, mentre lo stabilimento Lucchini di Piombino è fallito ufficialmente già nel 2012 e aspetta l’arrivo di un compratore. Maggiori dettagli sono reperibili sullo specialone de Linkiesta, che sta seguendo gli sviluppi dell’acciaio italiano. Oltre alle aziende che trovano posto sui quotidiani, soffrono anche molte piccole e medie imprese satelliti a Brescia, Vicenza e Udine.

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Grafici (tanti) e parole (poche)

Quota delle rinnovabili, impatto sul prezzo dell’energia, andamento della Borsa elettrica in Italia e all’estero prima e dopo la crisi. Tutto questo in 47 slide del GSE, presentate alla X Commissione del Senato pochi giorni fa.

Gli spunti di discussioni sono innumerevoli, per ora qualche commento sparso:

  • slide 19, mondi paralleli: rivoluzione energetica e crisi economica;
  • slide 30, come il dispacciamento prioritario e costo marginale nullo del FV, in una congiutura di scarsa domanda nazionale, riescono a collassare il PUN su valori prossimi allo zero con regolarità disarmante;
  • slide 36, in quale domenica di questa estate avverrà il prossimo black-out nazionale?
  • slide 37, l’eolico è davvero terribile per la stabilità della rete elettrica;
  • slide 42, il costo dell’energia elettrica per le aziende italiane non energivore: +30% in pochi anni.

Aggiungete i vostri punti nei commenti a questo post. Ci torneremo nei prossimi giorni.

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Come va il mercato dell’auto

Molto male. Su Il Post trovate tutti i numeri del tracollo, marca per marca. Val la pena sottolineare il pessimo stato di Renault: unica tra i big ad aver puntato con decisione sui veicoli elettrici, Zoe e Twizy su tutti, quest’anno ha incassato un -32.5 per cento di vendite.

Duecento dollari a barile

Mi segnalano un articolo su Bloomberg di Jeff Rubin: Come l’alto prezzo del petrolio bloccherà permanentemente la crescita economica. Rubin è l’economista passato alla onori della fama per aver previsto, forse l’unico, il crollo delle borse mondiali nel 2008.

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Cosa succede con Alcoa

Oggi c’è la nuova manifestazione degli operai a Roma. Quel che succede che è evidente: La crisi economica europea ha fatto semplicemente venire al pettine i nodi dell’inefficienza economica italiana, e il caso dell’Alcoa ne è dimostrazione plastica. Una fabbrica che produce alluminio, quella di Portovesme, in una nazione con il costo dell’energia elettrica più elevato d’Europa per un business energy-intensive come l’industria dell’alluminio. Dispiace per i lavoratori e le loro famiglie, ma finchè non verrà affrontato il problema dell’abbattimento dei costi dell’energia in Italia, e con Bruxelles che impedisce giustamente gli aiuti di Stato, facili vie d’uscita non se ne vedono.

Un mondo senza petrolio

il mio articolo per iMille-magazine.

Il prezzo del petrolio è in aumento. Da tempo economisti, esperti, opinionisti e un po’ tutti si scapicollano alla ricerca di spiegazioni e previsioni degli effetti del caro-petrolio sui mercati finanziari e sulla crescita economica.

Nell’attuale civiltà dei trasporti, il petrolio è un attore fondamentale che influenza la performance economica dei singoli paesi e dell’economia mondiale in molti modi. Secondo la teoria economica standard, infatti, l’aumento del prezzo del petrolio origina infatti:
– trasferimento di reddito dai paesi consumatori ai paesi produttori, dato che i primi devono pagare di più i secondi per le importazioni di greggio;
– aumento generalizzato dei costi di produzione di beni e servizi;
– aumento dei prezzi e dell’inflazione;
– riduzione dei profitti aziendali sui mercati finanziari (settore petrolifero escluso);
– compressione degli investimenti di aziende e privati, per la scarsa fiducia nella crescita futura;
– compressione della spesa privata, e conseguente impatto sulle finanze pubbliche.

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Fotovoltaico e crisi economica

L’Italia è in pieno boom da fotovoltaico installato. Nel 2011 la potenza installata in Italia è aumentata di 9 Gigawatt (GW), raggiungendo i 12.5 GW di potenza totale. Nel mondo, siamo secondi solo alla Germania. Probabilmente lo sapete già, tanto spesso si leggono un po’ ovunque frasi a effetto quali “il fotovoltaico cresce nonostante la crisi”, “boom del fotovoltaico”, “la crisi non ferma il fotovoltaico”, eccetera.

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Crisi economica ed energia

In queste ultime settimane abbiamo assistito a crisi economiche sparse. Le polemiche sono state all’ordine del giorno per i declassamenti operati o minacciati dalle agenzie di rating internazionali, per le responsabilità nei crolli di borsa e per la bontà delle manovre finanziarie o degli interventi straordinari di stimolo economico. Il tutto è riassumibile in poche parole: le economie avanzate, quelle dei paesi occidentali per intenderci, non crescono più in fretta come dovrebbero, come quelle dei paesi emergenti Cina in testa, oppure non crescono affatto, come l’Italia da oltre un decennio. Le iniezioni di cospicuo denaro pubblico degli ultimi anni non hanno ottenuto gli effetti sperati.

Già un paio di anni fa, dopo la crisi dei mutui sub-prime americani, il crollo verticale delle borse mondiali e l’apertura della stagione dei licenziamenti di massa, assieme al sempre ottimo Corrado Truffi scrissi sulle ragioni sottostanti dell’affanno delle economie avanzate: l’aumento dei costi dell’energia e il sempre minor rendimento energetico (EROEI) delle fonti.

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