Federalismo: l’Italia ha bisogno della CIA

il mio post per iMille

In Italia, la logistica del trasporto ha un valore di oltre 100 miliardi di euro, corrispondente a quasi il 7% del PIL. Negli ultimi anni, in Italia come in Europa, l’incidenza della logistica sul PIL ha registrato una dinamica in crescita, invertendo la tendenza degli scorsi decenni [1].

L’effetto è dovuto alla concomitanza di diversi fattori quali la delocalizzazione dei flussi di trasporto, le maggiori distanze percorse, la generale crescita del costo delle commodities (carburante, energia, materie prime), normative ambientali sempre più stringenti e la richiesta di servizi integrati a maggior valore aggiunto.

L’Italia, manco a dirlo, non solo non riesce a sfruttare il vantaggio strategico garantitogli da una posizione di favore nello scacchiere mediterraneo, ma si ritrova anche vessata da colli di bottiglia operativi che ne deprimono la domanda interna.

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Teoria e pratica del trasporto sostenibile

Il settore del trasporto – auto, merci ed aviazione – oggi rappresenta circa il 20% del consumo di energia mondiale e il 23% delle emissioni di CO2. In futuro ci si attende che cresca ancora, proporzionalmente alla crescita economica dei paesi emergenti.

In tempi di picco del petrolio, il trend è chiaramente non sostenibile, tanto che l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha chiesto un taglio delle emissioni, e proporzionalmente dei consumi, del 50% entro il 2050.

Circa un anno fa, l’International Transport Forum (ITF), think tank strategico per il settore dei trasporti che si occupa dei problemi di trasporto di importanza strategica, ha reso noti i risultati di uno studio sul trasporto sostenibile – Moving toward sustainability – necessari a raggiungere gli obbiettivi di cui sopra.

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